CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI
La cappella degli Scrovegni (detta anche dell'Arena o dell'Annunciata) si trova nel centro storico di Padova e ospita un celeberrimo ciclo di affreschi di Giotto dei primi anni del XIV secolo, considerato uno dei capolavori dell'arte occidentale. Internamente è lunga 29,26 metri, larga 12,80 e alta 8,48 nel punto maggiore.
Intitolata alla Maria Vergine Annunziata, la cappella fu fatta costruire e affrescare tra il 1303 e i primi mesi del 1305da Enrico Scrovegni, ricchissimo banchiere padovano, a beneficio della sua famiglia e dell'intera popolazione cittadina. Lo Scrovegni, nel febbraio del 1300 aveva acquistato da Manfredo Dalesmanini l'intera area dell'antica arena romana di Padova e vi aveva eretto un sontuoso palazzo, di cui la cappella era l'oratorio privato e il futuro mausoleofamiliare. Incaricò di affrescare la cappella il fiorentino Giotto, il quale, dopo aver lavorato con i francescani di Assisi e di Rimini, era a Padova chiamato forse dai frati minori conventuali a dipingere qualcosa presso la loro Basilica di Sant'Antonio.
Menzioni antiche trecentesche (Riccobaldo Ferrarese, Francesco da Barberino, 1312-1313) certificano la presenza di Giotto al cantiere, facendone una delle poche opere certe del suo catalogo. Anche la datazione degli affreschi è deducibile con buona approssimazione da una serie di notizie: oltre all'acquisto del terreno, nell'anno 1300, si sa che il vescovo di Padova Ottobuono di Razzi (prima del 1302, data del suo trasferimento al Patriarcato di Aquileia) autorizzò la costruzione della cappella e nel 1303avvenne la prima fondazione (o almeno la consacrazione del suolo). Il 1º marzo 1304 Benedetto XI concesse l'indulgenza a chi visitasse la cappella e un anno dopo, il 25 marzo 1305, la cappella veniva consacrata. Gli affreschi sono tradizionalmente datati a questa fase finale, tra il 1304 e il 1306, con oscillazioni in studi meno condivisi che arrivano fino al 1308-1310. Un termine ante quem, per quanto parziale, è offerto dal polittico di Giuliano da Rimini a Boston che riprende alcune fogge d'abiti come dipinte da Giotto agli Scrovegni.
Giotto dipinse l'intera superficie interna dell'oratorio con un progetto iconografico e decorativo unitario, ispirato da un teologoagostiniano di raffinata competenza, recentemente identificato da G. Pisani in Alberto da Padova. Tra le fonti utilizzate vi sono molti testi agostiniani, i Vangeli apocrifi dello pseudo-Matteo e di Nicodemo, la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze e, per piccoli dettagli iconografici, le Meditazioni sulla vita di Gesù dello pseudo-Bonaventura, oltre a testi della tradizione medievale cristiana, tra cui Il Fisiologo. Gli studi di Pisani hanno evidenziato come inveterati luoghi comuni siano destituiti di qualunque riferimento scientifico. Tra questi l'idea che tra gli ispiratori di Giotto ci potesse essere Dante, o che gli affreschi della cappella, dedicata alla "Vergine della Carità", abbiano a che fare con la confraternita dei Frati Gaudenti di cui faceva parte Enrico Scrovegni, o che ci sia omertà da parte di Giotto nel denunciare tra i vizi l'Avaritia (cioè l'Avidità) per evitare facili allusioni all'attività della famiglia Scrovegni (il padre, Rinaldo, sarà collocato da Dante nell'Inferno tra gli usurai), e così via. Il rigore teologico di ascendenza agostiniana esclude tutto questo. L'avaritia, per esempio, è denunciata come componente fondamentale del più ampio e comprensivo vizio dell'Invidia.
L'esterno della cappella si presenta come una costruzione, più volte modificata nel corso dei secoli, con mattoni a vista e tetto a due falde.
La cappella è a navata unica, coperta da volta a botte e con pareti lisce, senza nervature, perfette per la stesura di affreschi; sul lato dell'altare si trova un coretto, affrescato più tardi, verso il 1315-1325, da un giottesco locale, il cosiddetto "Maestro del coro Scrovegni" con Episodi della vita di Maria Vergine: Funerali, Transito, Assunzione e Incoronazione, oltre a fasce con Santi. La lunetta sopra il tabernacolo mostra il Redentore, l'Orazione nel Getsemani e la Flagellazione, della mano dello stesso maestro. Una Madonna col Bambino in una nicchia è attribuita a Giusto de' Menabuoi e riferita alla seconda metà del Trecento.
Sull'altare della cappella si ergono le tre statue rappresentanti la Madonna col Bambino e due angeli, opera insigne di Giovanni Pisano, lo scultore più celebre della sua epoca, chiamato da Enrico Scrovegni stesso.
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GIARDINI DELL'ARENA
Realizzati circa cento anni fa vicino al cinquecentesco Bastione dell'Arena, sono così detti per la presenza al loro interno, oltre che della famosa Cappella degli Scrovegni, di un'antica arena romana; in passato via Giotto li attraversava, mentre ora il viale principale (attualmente denominato viale Giorgio Perlasca), con alberi di bagolaro, è solo pedonale e ciclabile. Durante la primavera e l'estate le aiuole sono decorate con tulipani, fior di vetro, begonie. ed in particolare di fianco alla Cappella si può vedere lo stemma comunale fiorito da giugno a novembre, creato per la prima volta nel XIX secoloRealizzati circa cento anni fa vicino al cinquecentesco Bastione dell'Arena, sono così detti per la presenza al loro interno, oltre che della famosa Cappella degli Scrovegni, di un'antica arena romana; in passato via Giotto li attraversava, mentre ora il viale principale (attualmente denominato viale Giorgio Perlasca), con alberi di bagolaro, è solo pedonale e ciclabile. Durante la primavera e l'estate le aiuole sono decorate con tulipani, fior di vetro, begonie. ed in particolare di fianco alla Cappella si può vedere lo stemma comunale fiorito da giugno a novembre, creato per la prima volta nel XIX secolo